Dal “The Rhind Mathematical Papyrus [1]: Metodo corretto d’investigazione della natura, per conoscere tutto ciò che esiste, qualche mistero, tutti i segreti. Così è definita la matematica per gli antichi egizi. La scienza per eccellenza. Il papiro Rhind scritto in jeratico [2] (chiamato anche Papiro di Ahmes) fu acquistato da un avvocato scozzese nel 1858 a Luxor, un certo A. Henry Rhind e da costui ha preso il nome questo importantissimo reperto. Fu scritto dallo scriba matematico Ahmes sotto il regno Hyksos di Aauserre verso il 1650 a.C. ma certamente si tratta di una copia di un testo scritto sotto il regno di Amenemes III (XII dinastia) regno che va dal 1842 al 1797 a.C. Questo manuale si divide in cinque parti: aritmetica, stereometria, geometria, il calcolo delle piramidi e un insieme di risoluzioni di problemi pratici per un totale complessivo di 87 problemi. Ciò che colpisce particolarmente esaminando il documento, destinato con ogni probabilità a finalità didattiche, è il metodo della ricerca, estremamente razionale, ed in questo direi vi è sostanziale differenza tra la ricerca in Mesopotamia rispetto all’Egitto. Direi che la matematica Sumera e babilonese aveva degli schemi rigidi non suffragati da particolari regole, al contrario la ricerca in questo documento si basa su di una serie di regole preventivamente codificate, ragionate. Il metodo di ricerca è essenzialmente un percorso logico che attende un determinato risultato. La matematica nell’Antico Egitto è un insieme di regole, di principi basati sul numero, un corpus metodologico per entrare nella natura delle cose, conoscere tutti i suoi segreti, la sua profonda costituzione. Solo molto più tardi nell’antica Grecia si parlò di metodo methodos [3]. Questa differente impostazione lascerebbe supporre che l’Egitto e la Mesopotamia abbiano sviluppato le tecniche matematiche in maniera del tutto autonoma. A. Moret, grande egittologo degli inizi del secolo afferma “… les immenses travaux d’endiguement et d’irrigation, l’érection des pyramides et des obélisques, les statues monolithes et le plan des temples, prouvent que, dès une haute antiquité, les Egyptiens avaient approfondi les problèmes pratiques de la mécanique et de la géométrie qui se posaient pour le transport et pour la mise en place de ces masses colossales; …”[4]. Gli egizi sono stati i primi ad aver fornito la nozione di estensione del numero con la frazione con numeratore uguale ad uno. La frazione ordinaria di un numero è un vero e proprio sconvolgimento apportato alla nozione primitiva del numero (cardinale, ordinale). Nel Papyrus Rhind sono magistralmente esposte le regole per il calcolo delle frazioni comunemente chiamate “frazioni egiziane” con cui si è risolto il problema delle parti decimali. La soluzione è riportata in una apposita tabella che fornisce per ogni intero dispari n compreso tra 3 e 101 la scomposizione in frazioni unitarie della frazione 2/n. Si riporta qui di seguito, a mero titolo esemplificativo, la parte iniziale della tabella [5]:
3
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2 + 6
|
5
|
3 + 15
|
7
|
4 + 28
|
9
|
6 + 18
|
11
|
6 + 66
|
13
|
8 + 52 + 104
|
15
|
10 + 30
|
17
|
12 + 51 + 68
|
19
|
12 + 76 + 114
|
21
|
14 + 42
|
Le tecniche contenute nel Papyrus Rhind risultano ancor oggi insuperate. Un altro documento matematico, il Papiro di Mosca (ca. 1850 a.C.) espone un problema estremamente complesso: calcolare il volume del tronco di piramide, problema che troverà risoluzione in epoca successiva solo al tempo di Euclide [6], ma ben 1550 anni dopo il documento egizio. Gli egizi avevano altresì una buona conoscenza del pigreco. Nel problema 50 del Papyrus Rhind si ipotizza l’area di un cerchio iscritto in un quadrato. Il diametro del cerchio è pari a 9 bacchette e l’iscrizione del cerchio determina 4 triangoli rettangoli che sostanzialmente finiscono, assieme ai vertici del quadrato, nel formare un ottagono la cui superficie si avvicina moltissimo a quella del cerchio. Lo scriba pone il valore della superficie pari a 64. La superficie del cerchio è data dalla formula S = π.r² od anche:
S = π.d²/4
Da cui π= 64 x 4/9² = 64 x 4/81 = 256/81 = 3,1604938…
Il grande matematico americano R.J. Gillings ha affermato “We can credit Ahmose with being the first authentic circle-squarer in recorded history!” [7].
I valori ottenuti dai babilonesi erano più approssimativi concependo π uguale a 3, in quanto la superficie del cerchio era in funzione della sua circonferenza L con la formula empirica S = L²/12; al contrario gli egizi calcolarono la superficie del cerchio in funzione corretta del diametro S = (D – D²/9) [8]. Un approfondimento particolare, in tema di frazioni egiziane collegate alle misure di capacità e di volume, riguarda il cosìdetto mito dell’occhio di Horus chiamato udjat che significa completo, cioè l’occhio completo di Horus. La leggenda vuole che Seth, il dio dell’ombra, delle tenebre (simbolo della malvagità), uccise per gelosia il fratello Osiride facendone il corpo in pezzi e sparpagliandone i resti per tutto l’Egitto. La sorella e sposa di quest’ultimo Iside cercò disperatamente il corpo del fratello-sposo e, con l’aiuto della sorella Nephtys, ne ritrovò i vari pezzi ricomponendoli tutti, tranne il pene andato definitivamente perduto. Ciò malgrado, in virtù del grande amore per il fratello, come primo atto di questa resurrezione, Iside sovvertendo le leggi della procreazione, dall’unione simbolica con il fratello-sposo, restò incinta di Horus, dio del cielo e della luce. Iside a questo punto portò via dagli acquitrini del mondo delle tenebre, ove era nato il proprio figlio [9]. Horus divenuto adulto, volle vendicare l’assassinio del proprio padre dando la caccia allo zio e, dalla feroce lotta che ne scaturì, strappò a Seth i testicoli, ma quest’ultimo riuscì a strappare e ridurre in sei pezzi l’occhio sinistro del nipote. L’occhio di Horus fu ricomposto da Thoth [10] per 63/64. A questo punto mancava l’ultimo pezzetto dell’occhio pari a 1/64 ma Thoth, con un intervento magico, riuscì miracolosamente a riattaccare anche l’ultimo pezzetto e pertanto a ridare la vista all’occhio di Horus. Questa la leggenda che fece diventare per gli egizi l’occhio magico di Horus simbolo di luce e conoscenza (l’occhio del falcone che vede tutto), d’integrità fisica, d’abbondanza e di fertilità. Immagine altresì della vittoria del bene sul male che garantisce la fecondità universale ed i buoni raccolti. In matematica questo simbolo, rappresentato dall’occhio, fu sostanzialmente scomposto in sei parti ed a ciascuna di queste fu attribuito un valore espresso in frazioni corrispondenti agli inversi delle prime sei potenze del due: 1/2; 1/4; 1/8; 1/16; 1/32; 1/64 e così per un totale di 63/64. Questi valori espressi in frazioni, in base a quanto si dirà, si basano sulle unità di misura di capacità e di volume in uso nell’Antico Egitto. Nell’antico e medio regno l’unità fondamentale per misurare i cereali, agrumi e liquidi era il khar (sacco) pari a 48,05 litri, ulteriormente suddivisa in 10 héqat (botte) pari a litri 4,805. L’héqat è suddivisa a sua volta in 320 ra (segno D21 bocca), la più piccola unità di misura di capacità pari a litri 0,0060. Fatte queste necessarie premesse bisogna tener presente che le sei parti dell’occhio corrispondono ciascuna ad un determinato senso (tatto – gusto – udito – pensiero – vista – olfatto). La sessantaquattresima parte di 320 (héqat) è pari a 5 (5 x 64 = 320) e pertanto si può affermare che la frazione più piccola anzi indicata, cioè 1/64, corrisponde a 5 ra e rappresenta il tatto che nella scala dei sensi sarebbe il meno complesso. La successiva frazione è 1/32 = a 10 ra, che rappresenta il gusto uguale al tatto + la forma [11] (pertanto un qualcosa di più complesso). Andando avanti in questa analisi troviamo 1/16 = a 20 ra, che corrisponde all’udito (senso ancor più sofisticato poiché il suono che si avverte può essere piacevole o spiacevole e pertanto direi entra in gioco la nostra sensibilità artistica). La frazione successiva è 1/8 = a 40 ra e che rappresenta il nostro pensiero la nostra mente. Il pensiero è = alla sommatoria di più sensazioni (tatto + gusto + udito). Vi è poi ¼ pari a 80 ra che è rappresentata proprio dalla pupilla dell’occhio di Horus, ed è una delle massime e più importanti sensazioni, la vista. Infine ½ pari a 160 ra (metà héqat) rappresenta l’olfatto che, secondo quelle antiche concezioni doveva rappresentare la sommatoria di tutti i sensi dell’uomo. L’Horus udjet lo si trova spessissimo nella iconografia e compare altresì sovente come elemento introduttivo nelle scritture geroglifiche [12]. L’occhio di Horus, rigenerato e ridato alla luce, sebbene si tratti di quello sinistro, a seconda del come venga rappresentato nella iconografia assume, secondo alcuni studiosi dell’esoterismo egizio [13], dei particolari significati simbolici. L’occhio destro rappresenta gli eventi ed i fenomeni concreti, direi l’aspetto pragmatico delle cose od anche il mondo sensibile ed è controllato dalla parte destra del cervello. Realizza queste particolari sensazioni tangibili per il tramite delle parole, lettere e numeri aventi per oggetto tutte quelle cose che possono essere descritte nel concreto per sensazioni. Ha contatti con il mondo in termini di idee osservate dal punto di vista al maschile. L’occhio sinistro al contrario rappresenta l’astrattezza, il mondo extra-sensibile, reperisce tutte quelle informazioni scaturenti dall’estetica ed è controllato dalla parte sinistra del cervello. Estrinseca la propria conoscenza nel campo dell’esoterismo ed è responsabile delle intuizioni, del feeling. Ha contatti con il mondo visto dal punto di vista al femminile. Gli egizi ebbero una discreta conoscenza del calcolo algebrico. Si trascrive qui di seguito la traduzione (in francese di T. Obenga, opera ibid. pag. 367) del Papyrus Rhind, problema 26 [14]:
Un nombre (inconnu) dont la quatrième partie lorsqu’on le lui ajoute devient 15. Quel est ce nombre ?
Façon d’opérer:
Compte avec 4 – calcule le quart, à savoir 1. Total 5 ; divise 15 par 5 – le resultat est 3 – multiplie 3 x 4, le résultat est 12.
Il problema posto da questo esercizio è un’equazione di 1° grado e si sviluppa come segue :
x + ¼ x = 15; 5x/4 = 15; x = 60/5 = 12. Il valore da cercare è 12 di cui la quarta parte è 3 (12 + 12/4 = 15). Equazioni di 1° grado si rilevano nei problemi 24-34 del Papyrus Rhind e nel problema 6 del Papiro di Mosca. Ma sia il Papiro di Berlino 6619 che il Papiro di Kahun trattano addirittura calcoli di equazioni di secondo grado. Nel Papiro di Berlino si ha:
come dividere 100 in due parti affinché la radice quadrata dell’una sia i tre quarti di quella dell’altra.
x² + y² = 100 dentro questa equazione y = ¾ xossia x² + 9/16 x² = 100. La soluzione dello scriba è rigorosamente esatta. Egli parte da 1 (= x) ed in conseguenza ¾ per l’altro. Eleva questi valori al quadrato ed addiziona il risultato come segue:
1 . ½ + 1/16 = 1 . 9/16
estrae la radice quadrata del totale, cioè 1.1/4 , procede poi all’estrazione della radice quadrata di 100= 10 numero che rappresenta:
1 . ¼ x 8.
Egli sa che il numero di base deve essere multiplo di 8 per dare la soluzione al problema, cioè 8 x 1 e pertanto 8 x ¾ i.e. 8 e 6, che è il risultato perfettamente esatto [15].
I reperti ad oggi rinvenuti dimostrano altresì che gli egizi avevano conoscenze anche nel campo delle progressioni aritmetiche e geometriche. Al riguardo si segnala l’es. 79 del Papiro Rhind per le progressioni geometriche, il 40 ed il 64 per le progressioni aritmetiche, il Papiro di Kahun per le aritmetiche [16]. Il problema 67 del Papiro Rhind offre un’idea abbastanza chiara del come veniva sviluppata la logica nel calcolo matematico. Il problema si pone in questi termini: un pastore torna dal pascolo con il bestiame formato da 70 vitelli. Il guardiano redarguisce il pastore asserendo che il pastore ha riportato un numero minore di capi di bestiame. Ma il pastore risponde che il numero dei capi consegnatigli per il pascolo corrisponde ai 2/3 di un 1/3 del totale di tutto il bestiame dell’allevamento. Per dimostrare la veridicità di quanto asserito il pastore procede come segue: egli moltiplica 70 x 4 ½ , cioè 70 (4 ½) = 70 x 9/2 = 315. Questo importo fornisce il numero totale dei capi dell’allevamento. Ora i 2/3 di 315 corrispondono a 210 (315 x 2/3 = 210). Ma 1/3 di 315 fa 105 (315 x 1/3 = 105) da cui i 2/3 di 105 fanno 70, per lo appunto il numero di capi di bestiame portati al pascolo dal pastore. L’insegnamento della matematica si basava fondamentalmente sulle esemplificazioni (nella lingua egiziana antica la parola “esempio” è espressa da tp). Il professore onde far suscitare negli allievi interesse per la materia partiva da casi pratici, formulando esempi attinenti alla vita di tutti i giorni, e da questi formulava le regole applicabili per casi analoghi. In sostanza l’insegnamento del calcolo matematico si fondava sulla “logica” che scaturiva dal problema esposto nell’esercizio. Tutto il calcolo matematico nell’antico Egitto si basava su questi principi fondamentali, dalle progressioni geometriche ed aritmetiche, alle quattro operazioni, alle equazioni, alle frazioni ecc. Con l’addizione e la sottrazione ci si trova di fronte ad un sistema additivo (non di posizione). La moltiplicazione era risolta dagli egizi sulla base del procedimento di duplicazione successiva, tecnica che restò in uso a Bisanzio e nel Medioevo in occidente fino all’introduzione dei numeri arabi. Per ciò che concerne la divisione gli egizi procedevano in pratica ad una moltiplicazione inversa ed allorché la divisione dava un resto gli egizi introdussero l’uso delle frazioni. I vari problemi esposti nel Papyrus Rhind trattano moltissimi problemi del calcolo matematico. Così ad esempio il problema 62 illustra il metodo per calcolare il valore di un sacco contenente diversi metalli preziosi (tp n irt qrft Xr aAwt aSwt) [17]. Commento del testo egizio: un sacco contenente lingotti d’oro, argento e piombo è stato acquistato per 84 lingotti. Si chiede qual’è la quantità di lingotti per ciascun metallo contenuti nel sacco tenendo presente che l’unità di misura dell’oro è uguale a 12 lingotti, dell’argento a 6 e del piombo a 3. Da quanto detto si desume che il numero totale delle unità base di valore dei tre metalli è 21 lingotti (12 + 6 + 3). Ora dividendo 84 (il numero totale di lingotti contenuti nel sacco) per 21 (il numero totale in base al valore di ciascun metallo) da 4 da cui si ha: 4 x 12 = 48 per l’oro; 4 x 6 = 24 per l’argento; 4 x 3 = 12 per il piombo e così per un totale di 84 lingotti contenuti nel sacco [18].
La metrologia egizia risulta estremamente elaborata e precisa. Si riportano quì di seguito alcune principali unità di misura[19]:
a) misure di lunghezza
Dba
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dito
|
=
|
1/28 cubito, ¼ palmo (1,88 cm.)
|
Szp
|
palmo
|
=
|
4 dita, 1/7 cubito (7,5 cm.)
|
mH
|
cubito
|
=
|
7 palmi, 28 dita
|
xt
|
pertica
|
=
|
100 cubiti, 52,5 metri)
|
jtrw
|
fiume
|
=
|
20.000 cubiti (10,5 km.)
|
Nel Medio Regno gli egizi misurarono le lunghezze massime del loro paese da Elefantina a Béhédet (l’attuale Tell el-Balamoun alla foce del Delta) pari a 106 iterù (1.108,76 km.) dei quali 86 iterù (899,5 km.) per l’Alto Egitto da Elefantina sul Nilo a Per-Hapy (all’incirca ove sorge l’attuale Cairo) e 20 iterù (209,20 km.) per il Basso Egitto, da Per-Hapy a Béhédet.
b) misure di superficie
mH-tA
|
centaroura
|
=
|
1/100 aroura, 27,35 mq
|
sTAt
|
Aroura
|
=
|
100 arouras, 2735,29 mq
|
XA-tA
|
decaroura
|
=
|
10 arouras, 2,76 ha.
|
c) misure di peso
Snatj
|
Anello
|
=
|
1/12 deben, 7.58 gr.
|
qdt
|
Qite
|
=
|
1/10 deben, 9,1 gr.
|
dbn
|
deben
|
=
|
12 anelli, 10 qite
|
La numerazione egizia è posizionale su base decimale. I numeri cardinali hanno la seguente progressione:1 wa (copto oua)
2 snw (copto snau) 7 sefekh (copto sashf)
3 khemet (copto shomnt) 8 khemen (copto shmoun)
4 fdw (copto ftoou) 9 pesedj (copto psis)
5 djw (copto tou) 10 medjou (copto mete) [20]
6 srsw (copto soou)Gli ordinali hanno la seguente progressione: tpj (il primo – maschile) / tepet (forma femminile), snnw/t = secondo/a; xmtnw/t = terzo/a; jfdnw/t = quarto/a ecc. ecc.Il problema 51 del Papyrus Rhind fornisce il calcolo preciso della superficie di un triangolo con la ben nota formula S = a x h / 2; il problema 50 quello della superficie di un cerchio con una notevole approssimazione tenendo presente, come accennato in altra parte della presente ricerca, il π trovato dagli egizi si discosta di pochissimo (3,1605) dal corretto valore di 3,1415. Il problema 10 del Papyrus Rhind fornisce poi il calcolo della superficie di una semisfera ponendo come valore dato la misura di 4, ½ di diametro. Com’è noto la superficie della sfera è data da S = 4 π R², da cui la superficie della semisfera è pari a S = 4 π R²/2 che nel caso in esame è 32. Ora lo scriba Ahmose per risolvere il problema procede come segue:
1/9 x 9 = 1;
9 – 1 = 8;
8/9 = 2/3 + 1/6 + 1/18 1;
8 – 8/9 = 8 – (2/3 + 1/6 + 1/18) = 7 + 1/9;
(7 + 1/9) x (4 + ½) = 32 valore della superficie richiesta.
Dunque:
π= 32 x 2 x 4/ 4(4 + ½)²
π = 256/81 = 3,16049
numero che gli antichi egizi consideravano trascendente, fantastico, magico. Il problema 41 del Papyrus Rhind tratta la ricerca del volume di un cilindro. Valori forniti: altezza 10, diametro 9.Sottraendo da 9 1/9 cioè 1 il resto è 8, lo scriba a questo punto moltiplica 8 x 8 volte pari a 64 e poi moltiplica 64 per dieci volte ottenendo 640 volume del cilindro. Nel caso in esame il volume del cilindro è dato da πR²h, ora calcolando il π con il valore attribuito dagli egizi cioè 3,1605 si ha: V = πR²h = π D²/4 x h da cui V = 3,1605 81/4 x 10 = 640 il che significa S x h = 64 x 10 = 640. Il problema n. 14 del Papiro di Mosca (1850 a.C. ca.) risolve il calcolo del volume di un tronco di piramide applicando la formula: V = h/3 (a² + ab + b²), formula che da il volume della piramide. Il tronco di piramide è una porzione della piramide compresa tra la base e una sezione parallela alla base. Se il tronco di piramide è regolare, cioè se il piano superiore è perfettamente parallelo al piano di base, le facce laterali risultano essere dei trapezi isosceli uguali tra di loro e l’altezza di uno di questi è l’apotema del tronco. Tenendo presente che il volume di una piramide è uguale alla terza parte del prodotto dell’area di base per l’altezza (cfr. la formula), il volume del tronco di piramide è uguale alla somma dei volumi di tre piramidi aventi per altezza comune l’altezza del tronco di p. e per base rispettivamente la grande base, la base superiore e la media proporzionale tra le due basi. Il calcolo, abbastanza complesso, è bene ancora una volta rammentare risale a circa 2000 anni prima della matematica greca. Risolvere simili problemi direi sul campo di battaglia della concreta realizzazione delle piramidi dimostra ancora una volta l’estrema competenza dei matematici egizi nel campo geometrico. Il problema 14 del Papiro di Mosca (conosciuto anche come Papiro di Golenischeff) è molto importante perché indirettamente da la dimostrazione che i matematici egizi conoscevano alla perfezione i calcoli per ottenere il volume della piramide, infatti il volume del tronco di piramide, come si è visto, presuppone la conoscenza del volume della piramide [21]. Si rammenta altresì che il problema 56 del Papyrus Rhind risolve il calcolo dell’angolo d’inclinazione di una piramide ed il problema 58 del medesimo reperto espone in maniera esemplare la prova di calcolo dell’angolo d’inclinazione di una piramide [22].
[1] fonte: K. Sethe: Ägyptische Lesestűcke. Texte des mittleren Reiches, Hildesheim 1983, pag. 60.
[2] La scrittura corrente in uso in epoca faraonica. Questa scrittura in epoca saitica fu soppiantata dalla demotica (VI-VII sec. a.C.). Rammento che la scrittura geroglifica fu utilizzata esclusivamente per finalità sacre.
[3] Archimede ha scritto l’opera Trattato del metodo, ma siamo nel III a.C. In epoca moderna hanno parlato del metodo Leibniz in De Arte inveniendi e De metodo in Philosophia et Teologia; R. Descartes in Regular ad directionem ingenii ecc.
[4] A. Moret: Le Nil et la civilisation égyptienne, Paris 1926.
[5] Fonte della tabella: E. Di Renzo: Le frazioni egiziane.
[6] Il grande matematico greco ne parla nel libro XII degli Elementi.
[7] R. J. Gillings : Mathematics in the time of the Pharaohs, Cambridge 1972, pag. 145.
[8] T. Obenga: La philosophie africane de la période pharaonique, L’Harmattan – Paris 1990, pag. 363 e segg.
[9] Horus bambino è chiamato Arpocrate.
[10] Dio della sapienza, della scrittura ed anche dei commerci, che ritroviamo nella mitologia greca in Hermes ed in quella romana in Mercurio.
[11] Questo pezzo dell’occhio rappresenta il germoglio del chicco di grano.
[12] Fonti: E. Otto: Die Biographischen Inschriften der Ägyptischen Spazeit, Leiden 1954; Grandet & Mathieu: Cours d’Égyptien Hiéroglyphique, Paris 1998, pag. 286 e segg. ; K. Sethe: Die altägyptschen Pyramidentexte, Leipzig 1908.
[13] Cfr. G.I. Gurdjieff (www.sangraal.com) .
[14] fonte: K. Sethe: Ägyptische Lesestücke, ed. 1983 pag. 60.
[15] T. Obenga: op. ibid. , pag. 369.
[16] Per approfondimento sulle progressioni geometriche ed aritmetiche cfr. R.J. Gillings: Mathematics in the time of Pharaohs, Cambridge 1972, pagg. 154-165.
[17] Traslitterazione secondo il Manuel de codage.
[18] Fonte: T. Obenga: op. ibid. – pag. 384 e segg.
[19] fonte: J.P. Allen: Middle Egyptian, Cambridge Un. Press 2000 pag. 101 e seg.
[20] La parola greca metron che significa misurare e da questa il metro, l’unità di misura di lunghezza su base decimale, con sufficiente probabilità deriva dalla parola copta mete a sua volta, come visto, derivata dalla egizia medjou.
[21] Fonte: J. Vercoutter: Mathématiques et Astronomie (in vol. I dell’Histoire générale des sciences, Paris, 1957).
[22] Per un esame dettagliato vedasi T. Obenga, op. ibid. da pag. 417 a 426.
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