Le lingue dell’occidente, italiana e latina comprese, appartengono alla famiglia delle lingue indo-europee, ciò sulla base della prevalente incidenza nel lessico di parole appartenenti a tale gruppo. I linguisti, per ciò che concerne gli idiomi europei, parlano di etimi di provenienza indo-europea e di provenienza da area “mediterranea”. Con questa ultima allocuzione si devono intendere tutte quelle parole che, non trovando idonea collocazione in area indo-europea, derivano per differenza da altri ceppi linguistici (semitici, camito-semitici ecc.). Sino ad epoche relativamente recenti era opinione diffusa, in ambiente scientifico, considerare l’area mediterranea una sparuta minoranza, tale da non inficiare l’assioma mai ritenuto confutabile di appartenenza alla famiglia giapetica delle lingue dell’occidente, sia quelle in uso nel linguaggio corrente che quelle oramai estinte come la latina. Negli ultimi decenni ulteriori e più approfondite ricerche, alla luce dei grandi progressi in campo archeologico, ma ancor più in quello linguistico [1], hanno modificato alquanto il quadro d’insieme tra le due aree, o meglio i rapporti di incidenza. Il Bernal addirittura parla di un livello di equità tra i ceppi indoeuropei e quelli di origine semitica e camito-semitica[2]. Ove ciò fosse vero diventerebbe arduo l’affermare ancora che le lingue dell’occidente siano indo-europee, bisognerebbe parlare a tal punto di lingue “miste” o con un appellativo di recente conio “nostratiche”, appartenenti cioè alla vastissima area “euro-afro-asiatica”. Le percentuali di cui parla lo studioso inglese appaiono forse eccessive ma è indubitabile che l’incidenza di parole che si riteneva di origine indo-europea si va man mano assottigliando in favore dell’area mediterranea. La linguistica è materia in costante evoluzione, giova sempre rammentarlo. Sarebbe troppo arduo e complesso, in tal sede, operare ad ampio raggio uno screening sull’argomento, mi limiterò pertanto in queste brevi note soltanto nel porre in esame il più celebre e famoso toponimo latino e cioè il nome della Città Eterna, Roma. Al di là delle leggende legate all’origine di Roma e del suo nome, così come ci sono descritte nelle opere dei vari Tito Livio, Ovidio o Virgilio e che in virtù proprio di quell’alone mitologico che le permea, non possono esser prese in seria considerazione, il fatto che detto toponimo non abbia mai trovato un chiaro ed idoneo riscontro, o meglio il requisito di certezza, ha costantemente creato, tra gli studiosi, perplessità circa la sua origine che così finisce per perdersi nella notte dei tempi. E’ fuor di dubbio che il principale fattore di tale incertezza è da ricercarsi in primis nella brevità del nome, solo quattro lettere. E’ noto che l’analisi di etimi brevi di qualsiasi genere essi siano ha costantemente creato problemi talvolta irrisolvibili tra gli studiosi nella ricerca delle origini. Un nome lungo il più delle volte è il reddere ad rationem dell’accostamento di due o più parole e questo naturalmente agevola sensibilmente la ricerca perché la stessa è condotta su di uno spettro più ampio ed illuminante [3]. Le ipotesi formulate dai linguisti sul toponimo Roma, sostanzialmente si dividono in due note correnti. La prima di radices indo-europea, ad onor di cronaca la meno convincente per quanto si dirà, fa risalire la parola a sreu / ruo, dal greco ρέω (√sscr. Sru) [4], esprimente il significato di “scorrere” / “fluire” e concetti analoghi e da questa “rio” alias fiume. L’allusione è naturalmente ascrivibile al Fiume Tevere che appunto attraversa la città. Esistono nella penisola diversi toponimi indicanti fiumi od anche località connesse a corsi d’acqua (es. Ponte Rio in Umbria, Rionero in Vulture, Rio Torto, ecc.), il problema però per il caso di che trattasi è costituito dalla presenza nel nome della consonante nasale bilabiale emme del tutto estranea alla semantica della parola di origine greca anzidescritta [5]. L’altra corrente, di gran lunga la più accreditata, fa risalire la parola all’etrusco “Rumel(e)na”, alias “Ruma”, latinizzato in “romilius” esprimente il concetto di “mammella” e da quì Romolo, il leggendario fondatore di Roma figlio di Rea Silvia. Tra i tanti sostenitori di questo indirizzo rammento il grande linguista italiano Bruno Migliorini (il quale espresse però alcune perplessità dichiarando il “problema tuttora aperto”)[6], Giovanni Battista Pellegrini e Carla Marcato [7], A.W.Schlegel, F. Kortüm ecc. Il Migliorini fece risalire la parola all’etrusco Ruma (“mammella”) applicato metaforicamente al Colle Palatino, alias colle mammella in virtù dell’altezza di questo che sovrastava gli altri sei colli [8]. Alcuni linguisti, pur riconoscendo l’etimo ascrivibile alla parola “mammella” ne respingono l’idea del colle-mammella, rifacendosi – in guisa più tradizionalistica – sic et simpliciter all’allattamento dei mitici Romolo e Remo sotto il ficus ruminalis del Colle Palatino, da cui la dea Rumina dei poppanti. Quindi non allusione al Colle Palatino ma semplicemente alle mammelle della lupa che allattò i pargoli gemelli in vece di Rea Silvia. C’è poi da aggiungere, direi a corredo dell’ipotesi Ruma “mammella”, quella formulata da alcuni studiosi che si rifanno alla testimonianza di Servio [9] secondo la quale l’antico nome del fiume Tevere [10] sarebbe stato proprio Rumon che in etrusco, in relazione al suffisso aumentativo on indica il concetto di “grande mammella” / “mammellone” [11], allusione questa con ogni probabilità alla protuberanza a forma di mammella che trovasi sul fiume di fronte al Campo Marzio. Ciò in opposizione a Ruma “mammella”, protuberanza più modesta tuttora esistente di fronte l’Isola Tiberina da cui prese il nome la città [12]. Se sia o meno la parola etrusca Ruma ascrivibile alla forma del Colle Palatino od al concetto di “mammella” legato pertanto all’allattamento del fondatore di Roma o ultima ratio alla conformazione particolare dei fondali del Tevere poco importa ai fini della presente ricerca, quello che interessa è l’acquisizione – direi a titolo di punto fermo – generalmente condivisa dalla prevalenza degli studiosi nel considerare l’etimo di Roma derivante dall’etrusco Ruma. L’etrusco è una “lingua isolata” o per “filogenesi” al pari del basco o dell’albanese, un idioma pertanto che non trova apprezzabili affinità con gruppi più complessi come l’indoeuropeo, l’altaico ecc. [13] Da quì la difficoltà incontrata dagli etruscologi nella comprensione di una lingua che presenta scarse affinità comparative. Una serie di molteplici indizi attestano che questo popolo sviluppò una certa espansione commerciale arcaica in regioni al di fuori dell’Etruria propria. Reperti attestano tracce di insediamenti dovuti presumibilmente a scambi commerciali nell’area padana, in quella campana, Corsica, Genova, nella Gallia meridionale, nell’isola di Egina e soprattutto, per ciò che concerne la presente ricerca, a Cartagine [14] (una tessera hospitalis) [15]. Ma soprattutto le rovine di Pyrgi [16] mettono in evidenza stretti contatti etrusco-punici che dovettero lungamente esistere tra le due sponde del Mediterraneo[17] . Exitus naturale è che queste popolazioni dovettero ob torto collo, proprio in virtù dei frequenti contatti intercorsi, assimilare in una qualche misura il lessico dell’una e dell’altra. Forse le popolazioni etrusche presero imprestito dall’idioma semitico dei punici pochi elementi, almeno sulla base di quanto sino ad oggi si è potuto riscontrare, ma sicuramente un certo numero di parole fu acquisito nel tempo dagli stessi. Il semitico dei punici è strettamente imparentato con il proto-cananeo in uso in epoche arcaiche (II-III millennio a.C.) nelle zone della Fenicia corrispondenti all’attuale Libano [18]. Fatte queste debite premesse illuminanti sulla problematica di che trattasi, torniamo alla parola Rōma, alias Ruma. La parola cananea Råmåh esprime il significato di “cittadella”, “località alta”, “altura” e concetti analoghi, in ebr. ר מה trsl. Rmh. Il Bernal sostiene che questa parola fu presa imprestito dagli etruschi, soprattutto nelle zone del litorale romano, Tarquinia ecc., cioè quelle aree maggioramente interessate ai contatti e scambi di natura commerciale etrusco-punici e con la Fenicia stessa [19]. Ora bisogna tener presente che Roma sorse e si sviluppò sui famosi sette colli [20] ed a quei tempi le costruzioni, di qualsiasi natura fossero, probabilmente ab origine il più delle volte degli accampamenti tendati, risaltavano in particolar misura sulle alture ed erano pertanto ben visibili dal litorale romano piatto, soprattutto alla foce del Tevere. Il Bernal sulla base di queste considerazioni ritiene estremamente plausibile che il termine Råmåh stesse ad indicare il toponimo di zona sopraelevata, alta rispetto al litorale, tenendo altresì presente che il valore semantico di questa parola esprime anche il concetto di cittadella. Da rimarcare inoltre la corrispondente parola egiziana antica Rma( trsl. rmc), corrispondente all’ebr. Rwm, anch’essa con radice cananea, esprimente il concetto di “località alta” [21]. Di analogo avviso sono i linguisti americani Levine e Brown [22], i quali al contrario, escludono che la parola ebraico-misnaitica ed aramaica Rumē derivi dallo stesso etimo cananeo, essendo quest’ultima certamente derivata dal greco Ρώμη. Il Bernal fa inoltre rilevare che la vocale masoretica [23] rappresentata dal suono /å/, come comunemente si è sempre supposta la lunga /ā/, al contrario rappresenta una vocalizzazione tra /a/ e /o/ [24]. Che il nome della Città Eterna, a mio avviso, abbia attinto il suo etimo da un lessico semitico appare una ipotesi estremamente confortante, tenendo soprattutto presente che non vi è inconciliabilità semantica tra le parole “mammella” / “altura” / “escrescenza” ecc. espresse dall’etrusco Ruma. La corrente facente capo al Migliorini, A.W.Schlegel, F. Kortüm ecc. non fa altro che accreditare ulteriormente la ipotesi del Bernal circa la sostanziale identità logica esistente tra “colle” / “altura” e “mammella”. Il mitico allattamento dei gemelli Romolo e Remo sul quale si incentra la leggenda della nascita di Roma, frutto della tradizione ancestrale e dell’enfasi immaginatoria dei romani, al reddere ad rationem si può affermare che si fondi su elementi con ogni probabilità collegabili all’etimo di origine semitica, ovviamente plasmati ad unguam per dare credibilità storica alla nascita di Roma. Così il colle, l’altura, diventa ad hoc “mammella”, ma il valore semantico primigenio indicante una escrescenza resta lo stesso. Con ogni probabilità gli etruschi con questa parola attribuivano proprio un significato estremamente ampio di tutto ciò che è più alto rispetto ad un qualcos’altro. Restando con i piedi per terra, cercando di scremare quell’alone di leggenda che attribuisce a Ruma sic et simpliciter il solo significato di “mammella”, appare contra più verosimile che il toponimo inizialmente si sia rifatto al concetto di “altura” / “collina”, alias cittadella per quanto in precedenza detto. Allorché si incominciò a sviluppare un agglomerato urbano sui sette colli, gli etruschi vollero proprio indicare quella città, probabilmente nemica perché estranea alla loro civiltà, che sorgeva ed era visibile sulle alture capitoline, palatine ecc. con quell’appellativo [25]. Comunque, al di là di queste personalissime considerazioni, il toponimo della Città Eterna, pur restando sotto certi aspetti un rebus ancora da risolvere in modo definitivo, come ebbe a dire il Migliorini, e che resterà tale probabilmente per sempre, si presta ora a possibili, verosimili e più concrete considerazioni etimologiche, che sino a poco tempo fa erano da considerarsi del tutto o quasi impensabili.
[1] Si basti pensare alla scoperta di lingue come l’egiziano antico (idioma camito-semitico), l’akkadico (semitico) ecc., scoperte che hanno dischiuso le conoscenze di un mondo sino a poco tempo fa quasi del tutto sconosciuto.
[2] M. Bernal: Black Athena : The Afroasiatic Roots of Classical Civilization, Vol. I (The Fabrication of Ancient Greece 1785 – 1985) – Rutgers Un. Press, 1995 (ed. ital. Atena Nera, ed. Est 1997, pag. intr. IX.).
[3] Per approfondimenti cfr. i lavori di E. Peruzzi, linguista Professore Emerito della Normale di Pisa.
[4] L. Rocci: Vocabolario Greco-Italiano, ed. Dante Alighieri 1983, pag. 1639.
[5] Cfr. anche nota 90 alla pag. 181 dell’opera M. Bernal: Black Athena – The Afroasiatic Roots of Classical Civilization, III Vol. (The linguistic evidence), Rutgers Un. Press, 2006. Nota che testualmente afferma “Though undoubtedly Indo-European sreu is not attested in Italic”;
[6] B. Migliorini: Sull’origine del nome di Roma, Firenze 1928.
[7] G.B. Pellegrini e C. C. Marcato: Dizionario di Toponomastica, Garzanti Editore.
[8] Ad onor di verità il Migliorini si rifece, seppur in parte, ai grandi linguisti tedeschi A.W.Schlegel, F. Kortüm, i primi ad ipotizzare il collegamento della parola Ruma con i colli della Città Eterna.
[9] Servius Marius Honoratus, grammatico e commentatore latino, fine IV Sec.
[10] Ancor prima di prendesse il nome latino di Albula e poi definitivamente l’etrusco Tiberis.
[11] Cfr. M. Crisofani: Introduzione allo studio dell’etrusco, Olschki Ed. 1991.
[12] Tale orientamento è condiviso dal linguista sardo ed etruscologo Massimo Pittau ed Emilio Peruzzi (cfr. supra).
[13] Contra il linguista spagnolo Francisco R.Adrados che farebbe risalire l’etrusco, nella cerchia delle lingue nostratiche, del tipo anatolico. Cfr. Etruscan as an IE Anatolian (but not Hittite) Language, JIES 17, 1989 [1990], pp. 363-383 – El sistema gentilicio decimal de los indoeuropeos occidentales y los orígenes de Roma, Madrid, CSIC, 1948.
[14] Fondata da coloni fenici col nome di qrt–ḥdšt (“la Nuova Città”).
[15] Cfr. M. Crisofani: op. ibid.
[16] Pyrgi era il porto di Caere, importante città etrusca (attestata anche con il nome greco Πΰργοι).
[17] Anche prima dell’espansione di Cartagine nel Mediterraneo i Fenici di Tiro (XI-VII sec. a.C.) avevano avuto frequenti contatti con l’Etruria a causa delle miniere del ferro colà esistenti. Si ebbero scambi commerciali ma anche frequenti scontri a carattere prevalentemente piratesco da parte degli etruschi contro greci e fenici (M. Liverani: Antico Oriente, ed. Laterza 1991, pag. 702).
[18] Il proto-cananeo e suoi derivati è un idioma appartenente al gruppo del semitico occidentale.
[19] Per approfondimenti cfr. M. Bernal: Black Athena – The Afroasiatic Roots…, III Vol., pag. 181 e segg.
[20] Probabilmente in primis sul Capitolium in base ai reperti (monete, suppellettili ecc. ) trovati di matrice essenzialmente etrusca. L’insediamento sul Palatinum e sugli altri colli, secondo il prevalente orientamento, dovrebbe essere avvenuto in periodi successivi, seppur a breve distanza. Nulla toglie ovviamente alla tesi del Migliorini circa l’appellativo di Colle Mammella al Palatinum, in relazione alla particolare conformazione di questo colle.
[21] Cfr. E.A.W.Budge: An Egyptian Hieroglyphic Dictionary, Dover Publ. New York 1978, Vol. I, pag. 424 B.
[22] Cfr. S. Levin: The Indo-European and Semitic Languages, State Un. of N.Y., Albany 1971; J.P. Brown: Literary Contexts of the Common Hebrew-Greek Vocabulary, in Journal of Semitic Studies 1968; S. Levin e J.P. Brown: The Ethnic Paradigm as a Pattern for Nominal Forms in Greek and Hebrew, in General Linguistics 1986.
[23] Cfr. Bernal, The Afroasiatic Roots…III Vol., pag. 181. Le vocali nella scrittura masoretica ebraica sono una combinazione delle vocali lunghe Heh ה, Vav ו e Yod י ed i cosidetti Tiberian Vowel Points (vocali punteggiate masoretiche). La mater lectiones Heh ה vocalizza un suono molto vicino alla /a/ e quindi al reddere ad rationem Råmåh si avvicina ancor più alla parola Roma.
24 Per quanto detto la fonetizzazione simile a Roma, da quindi ulteriore credito all’ipotesi formulata dal Berrnal.
[25] Tale considerazione è valida sia se l’appellativo Ruma stava ad indicare ab origine un insediamento etrusco, come parrebbe essere secondo taluni, il Capitolium e sia se trattavasi, come sembra – secondo il prevalente orientamento – dei primi insediamenti latini.