RINVENUTA IN EGITTO LA PIU’ ANTICA ISCRIZIONE DI CRISTO ?
Di recente hanno suscitato un certo clamore e forse anche qualche scalpore due articoli apparsi rispettivamente sul periodico Der Spiegel a firma Matthias Schulz e sul quotidiano El Mundo a firma Chano Montelongo, circa il ritrovamento nelle acque di Alessandria di un vaso in ceramica grezza, di color rossiccio, dal diametro di ca. 9 cm. e dal peso di 200 gr., riportante la scritta in lettere maiuscole greche ΔIA XPHCTOY OΓOICTAIC (dia Christou Ogoistais). L’oggetto è stato portato alla luce nel maggio scorso dall’archeologo Franck Goddio, durante la campagna di scavi sottomarini che questo studioso di archeologia sottomarina sta conducendo, sin dal 1996 nelle acque prospicienti il porto di Alessandria. Il Goddio ha illustrato il ritrovamento proprio in questi giorni a Madrid, in occasione dell’apertura nella capitale spagnola nel mese di settembre di una mostra archeologica ove sono esposti anche altri reperti frutto della campagna di scavi condotta dall’archeologo francese nelle acque del Delta (ad Alessandria e nella baia di Abukir). Lo scoop editoriale sta nel fatto che, secondo il Goddio, il reperto – tenuto conto della ubicazione in cui è stato rinvenuto – evidenzia la più antica iscrizione di Cristo mai trovata, risalente almeno all’anno 50, quindi precedente alla prima riconosciuta storicamente (una lettera di San Paolo dell’anno 51 nella quale l’apostolo parla del Suo Maestro). La notizia, come detto in premessa ha innescato un’infinità di “interrogativi” e “congetture”, talune anche abbastanza stravaganti come quella in cui si ipotizza il ritrovamento del leggendario Santo Graal. Al di la di tali fantasie, qualora la datazione dovesse essere confermata a livello scientifico, il ritrovamento assumerebbe grandissima importanza storica, sulla base anche del contenuto dell’iscrizione di cui si dirà appresso. Va subito detto che molti studiosi ritengono il vaso “un falso” in base ad alcune considerazioni circa lo stato di conservazione del reperto e soprattutto dello status dell’epigrafe su di esso riportata. I caratteri scolpiti all’esterno della coppa, in tutta la sua circonferenza, appaiono poco convincenti perché troppo ben conservati, privi di quell’abrasione che si riscontra in casi analoghi in oggetti immersi nell’acqua marina per due millenni (cfr. Antonio Combatti, studioso e scrittore di pseudo-scienze antiche e medioevali, John Lupia orientalista ecc.). Per contro il Goddio, nella descrizione del reperto, esclude possibilità di errata datazione, in quanto lo stesso è stato rinvenuto nella strato 2 dei fondali di Alessandria d’Egitto, stratificazione che risale inequivocabilmente ad epoche al massimo databili all’anno cinquanta o di epoca ancor più antica di qualche anno. Almeno allo stato attuale una risposta certa nel merito pertanto non esiste. Circa l’interpretazione del contenuto dell’iscrizione esistono tra gli studiosi pareri discordi anche in misura rilevante. Secondo l’autorevole epigrafista francese André Bernand le parole greche vogliono significare sic et simpliciter “Mago per mezzo di Cristo”, il che starebbe ad intendere una specie di calderone della strega atto a portare fortuna per il tramite di Cristo. Operando uno screening sull’iscrizione si rileva quanto segue: la parola Δίά (la cui radice è dis come in discindo, cfr. Rocci, Diz. Gr., 439), esprime nella fattispecie, senza ombra di dubbio il significato di “per mezzo di…” e concetti analoghi. Ben più complesso il significato intrinseco della parola XPHCTOY lett. Crestou. In greco questa parola esprime il concetto di “utile” / “giovevole” / “conveniente” ecc., avente per radice il verbo χράομαι (op. ibid., pag. 2039), mentre la parola Cristo che significa “unto” / “chi ha ricevuto l’unzione”, i.e. Gesù l’Unto, è data da Xριστός / Kristos, avente per radice il verbo χρίω (op.ib. 2040). La difformità, tra le due parole abbastanza simili, deriva dalla presenza della lettera H (eta) nella prima, sostituita nella seconda dalla Ι (iota). Nel merito però c’è da dire che, almeno nelle prime iscrizioni, la parola Cristo si identificava per errore di identificazione anche con la parola Chresto, nome abbastanza diffuso nel I secolo AD tra i liberti (cfr. Orosio VII, 6 che attinge da Flavio Giuseppe e Svetonio “Vita Claudii”, ove si parla di un Impulsore Chresto.). Confusione forse dovuta ad errata interpretazione delle parole greche, considerando cioè il Cristo “persona buona” / “saggia”. Al reddere ad rationem appare pertanto probabile, a mio avviso, l’intenzione di indicare nel vaso proprio il Cristo, o forse, la parola “cristiano”. Termine quest’ultimo comunque meno opinabile tenendo soprattutto conto che a quell’epoca i seguaci di Cristo non erano ancora chiamati cristiani. Quanto alla parola OΓOICTAIC le cose a mio avviso appaiono ancor più complicate. Una ipotesi plausibile potrebbe essere un lapsus nella iscrizione intendendo la stessa sic et simpliciter la parola λογοι , da λόγιος esprimente il concetto di “persona dotta” / “abile parlatore” ecc. (op. ib. 1155) e σταίς “farina” / “impasto” (op. ib. 1698), id est una specie di “azzeccagarbugli”, ultima ratio “mago”. Esiste comunque un’altra strada percorsa da alcuni e cioè quella di considerare la parola Ogoistais esprimente il significato di seguaci di un certo ipotetico culto di un personaggio chiamato Ogo, peraltro, per quanto mi risulti del tutto sconosciuto. Sulla base delle considerazioni testé enunciate a me sembra che l’interpretazione datane dal Bernand sia sostanzialmente corretta. Chi fosse interessato a questa tematica può esaminare il sito di Franck Goddio http://www.underwaterdiscovery.org/ rammentando che la mostra, ove è visibile il reperto, è tenuta al Antiguo Matadero de Legazpi di Madrid fino a novembre prossimo.