Una caratteristica dei geroglifici è la assoluta diversità grafica rispetto a tutte le altre scritture dell’antichità. Chiunque può, confrontando un testo geroglifico con altri esemplari di antiche scritture, siano esse aventi funzione di fonogramma o di ideogramma, rendersi conto che le prime rappresentano graficamente il mondo che ci circonda nei suoi molteplici aspetti (animali, piante, persone ecc.) con immagini di assoluta chiarezza e precisione; le altre esprimono segni incomprensibili nella loro totalità o pressoché totalità. Quanto affermato, si rende opportuno ribadire, vale anche nei confronti di quelle scritture rappresentate da pittogrammi con funzione di ideogramma (1). Queste infatti sono espresse con immagini in linea di massima estremamente grossolane, con tratti grafici approssimativi e pertanto di difficile interpretazione sovente anche dagli stessi specialisti (2). Tale peculiare caratteristica posseduta dai geroglifici non è stata, a mio avviso, sufficientemente puntualizzata nelle opere a carattere divulgativo ed in particolar modo le cause che hanno determinato tale diversità. Questa originalità ha però segnato un momento molto significativo nella storia della scrittura, come si illustrerà nel prosieguo. All’alba della civiltà l’uomo, quando avvertì il desiderio, la necessità, di esprimere il proprio pensiero con forme di scrittura lo fece, in ogni luogo ed epoca, utilizzando i pittogrammi con funzione di ideogramma ed intese sempre esprimere nella scrittura il proprio pensiero in senso lato, cioè senza alcuna forma restrittiva. Con il tempo però la maggior parte delle scritture subirono un lento processo evolutivo passando da quelle aventi funzione di ideogramma a quelle con funzione di fonogramma, ergo segni convenzionali non più aderenti alla realtà. Chi legge nella nostra scrittura alfabetica la lettera “b” sa che quel segno rappresenta un grafema esprimente un fonema, per l’esattezza un segno monolittero o monoconsonantico “b”, punto e basta. Nessuno ovviamente indagherà sull’aspetto grafico di tale segno, non più aderente alla realtà oggettiva delle immagini e ciò perché lo stesso ha la esclusiva funzione di esprimere oggi convenzionalmente un suono consonantico. Le scritture cuneiformi, ad esempio, coeve dei geroglifici ed utilizzate nella lingua accadica nonché nei rapporti diplomatici in tutto l’oriente antico, esprimono segni graficamente del tutto incomprensibili eppure esse risultano il reddere rationem di un lungo processo evolutivo che trae la sua origine negli ideogrammi sumeri. Per quanto detto emerge, in linea generale seppur non esclusiva, una lenta evoluzione dei tratti grafici nella maggior parte delle scritture con perdita graduale della realtà oggettiva delle immagini. Ovviamente vi furono in queste scritture periodi più o meno lunghi direi di “interregno”, nel senso cioè di coesistenza di segni aventi funzione di ideogramma e segni con funzione di fonogramma. Processo evolutivo caratterizzato dal passaggio dal sistema logografico a quello logofonetico. Anche i geroglifici subirono questa evoluzione sintattico-grammaticale. La grande intuizione che ebbe lo Champollion rispetto agli altri studiosi del tempo (Åkerblad, Young ecc.) fu proprio quella di rendersi conto che nel contesto di uno scritto geroglifico del medio-regno (3), solo pochi segni assumono la funzione di ideogramma (4), la stragrande maggioranza degli stessi ha al contrario funzioni di fonogramma, né più né meno come le nostre scritture e, cosa ancor più importante per quanto in precedenza accennato, tali segni non hanno più aderenza con le immagini da essi rappresentate (5). Però al di là di tale processo evolutivo, comune alla maggioranza delle scritture, i geroglifici si differenziano dalle altre per un particolare: sono scritture speciali, direi di settore, nel senso cioè che il loro campo di utilizzazione era ristretto esclusivamente a finalità sacre. Gli egizi le chiamavao mdw-nTr (6)ossia “parola di dio, parola della divinità”; lo stesso appellativo di origine greca jeros-gliphos assume il significato di sacralità scolpita nel senso cioè di “scritture sacre scolpite nella pietra”.Ora per la concezione cosmica di quella antica civiltà ove l’ordine primigenio del mondo dettato dal Maat imponeva che ogni cosa afferente allo jeratico, al sacro, dovesse restare immobile, immutabile sino alla fine dei tempi, fece sì che queste scritture conservassero in tutto l’arco della loro lunghissima esistenza pressoché intatta la loro veste grafica (7). Da quanto detto un record nella storia della scrittura dell’uomo: quello della longevità. Nessuna scrittura al mondo ha resistito tanto tempo senza subire apprezzabili modifiche di ordine grafico. Ma c’è dell’altro. Non esistono scritture geroglifiche realizzate in modo accurato ed altre in maniera grossolana, approssimativa. I geroglifici risultano essere realizzati sempre in guisa estremamente accurata, precisa sia se scolpiti nella pietra, generalmente nel granito, sia se dipinti – limitatamente alle tombe – con sgargianti colori tuttora ancora in molti casi ben conservati. Occorreva molto tempo per scolpirli o dipingerli e gli scribi che li realizzavano erano dei veri e propri artisti. Tale estrema accuratezza, ed anche raffinatezza, era sempre dovuta e direi imposta dal requisito di sacralità di queste scritture. Da qui un altro record dei geroglifici nella storia della scrittura, quello della estetica, della bellezza. I grafologi sono concordi nell’attribuire tale primato ai geroglifici in virtù del cospicuo numero dei segni esprimenti il mondo nelle sue molteplici configurazioni (8), per il tratto grafico estremamente accurato, per i colori multiformi, sovente vere e proprie opere d’arte, limitatamente s’intende alle scritture rinvenute nelle tombe od in località coperte. Quindi due primati nella storia della scrittura, quello della longevità e della bellezza ed entrambi scaturenti da un’unica matrice: il loro utilizzo esclusivo per finalità sacre, peculiarità unica nella storia della scrittura dell’uomo. Naturalmente esisteva una scrittura parallela ai geroglifici, quella quotidiana per usi epistolari, commerciali o contabili in genere, derivata da questi ma dal tratto grafico più semplice, più approssimativo. Tale forma di scrittura chiamata corsiva, o encoriale, come la si usava appellare nell’ottocento, od anche jeratica (9) subì poi ulteriori modifiche nel VII sec. a.C. in epoca saidica con l’avvento del demotico, ma questa è un’altra storia.
1 Il pittogramma è quel meccanismo di scrittura mercé l’utilizzo di immagine; allorché questa è ciò che si intende voler rappresentare si ha l’ideogramma.
2 per un approfondito esame e riscontro cfr, tra le tante, le scritture aramaiche, etiopiche, libiche, tifinagh (antiche scritture Tuareg), sanscrite, amariche , ebraiche, caratteri cuneiformi (alfabeto Ugarit) , ideogrammi sumeri, geroglifici ittiti, antichi ideogrammi cinesi, lineare A e B.
3 Il periodo classico della lingua egiziana antica , quella massimamente oggetto di studio e ricerca da parte degli egittologi.
4 Gli scribi erano soliti contrassegnare il segno con funzione di ideogramma apponendovi in basso od a lato il tratto diacritico.
5 Un esempio per tutti: l’aggettivo buono, bello, da cui derivano parole come Nefertari, Nefertiti ecc . è rappresentato da una trachea di animale (F35 nfr della lista Gardiner – segno triconsonantico o trilittero, letto convenzionalmente nefer).
6 traslitterazione adottata nel Manuel de Codage, termine letto convenzionalmente medu-Necer.
7 I primi rinvenimenti risalgono agli inizi del IV millennio a.C. , gli ultimi al IV secolo della nostra era.
8 Sono stati rinvenuti circa seimila segni che gli studiosi hanno raggruppato per tipologia d’immagine mediante l’utilizzo di opportune coordinate atte ad individuarli facilmente (cfr. gli elenchi di A.H.Gardiner e E.A.W. Budge).
9 Parola di origine greca con significato di scritture sacre dal valore semantico però diverso da quello attribuito alle scritture geroglifiche. Nel caso in esame si deve intendere semplicemente “scritture dei sacerdoti”. E’ bene rammentare che in epoca faraonica la casta sacerdotale, oltre ad amministrare il culto religioso, era la mandataria in terra del dio Thoth, il dio della sapienza e della scrittura. La casta sacerdotale era pertanto la depositaria del sapere inteso in senso lato e pertanto aveva il monopolio della scrittura che realizzava avvalendosi degli scribi, semplici tecnici al servizio di questa