Come accennato in premessa Egitto e Mesopotamia hanno fornito ai posteri oserei dire l’elisir del calcolo matematico, del far di conto su base scientifica. La Grecia ha assorbito tutto lo scibile proveniente dall’Oriente Antico, limando ad unguam ciò che fecero queste antichissime civiltà. In particolar modo i grandi matematici greci svilupparono e perfezionarono il calcolo matematico nel campo geometrico e della fisica. C’è però da aggiungere un fattore di estrema importanza: gli egizi ed i popoli mesopotamici furono fortemente influenzati dall’arte dei numeri fondata su principi esoterici, trascendenti. Va rammentato che presso queste antichissime popolazioni dell’Oriente Antico l’ars magica, sovente collegata proprio ai numeri, era diffusissima ed era considerata alla stregua di quella che oggi chiameremmo scienza ufficiale. Per ciò che concerne l’Egitto soprattutto uno, tre e sette erano particolarmente significativi ed importanti perché ricchi di religiosità, di magia. Estremamente interessante in tal sede merita dare qualche cenno al Papiro di Leida (peraltro scarsamente conosciuto dai non addetti ai lavori), perché in esso sono fortemente messi in risalto i concetti, fondati sui numeri uno e tre, che sono alla base della visione di dio uno e trino all’un tempo [1]. In esso tra l’altro vi si legge: Tutti gli dei sono tre, Amun, Ra e Ptah, non vi è un secondo. Egli è in Amun l’invisibile, in Ra la luce, in Ptah il corpo [2]. La esegesi di questo scritto può così riassumersi: Tutti gli dei sono tre Amun, Ra e Ptah, non vi è nessun altro dio al di fuori di loro. Egli, cioè Dio, è presente in Amun l’invisibile [3], cioè l’emanazione di dio nel trascendente, il dio dei Cieli [4], in Ra nella luce (i.e. il dio dell’immanenza, della realtà ove la luce è l’elemento collante del mondo sensibile), in ultima analisi il dio in Terra. Egli infine è in Ptah il corpo. Ptah è la divinità che plasmò il mondo [5] ma poiché l’universo è fatto di cose visibili ed invisibili, egli assume la funzione, del tutto particolare, di mediare queste due forze e cioè Amun il dio dei cieli e Ra il dio in terra. Funzione del tutto analoga al concetto cristiano dello Spirito Santo che media il Padre nel regno dei Cieli ed il Figlio sulla terra. E’ impressionante rilevare la assoluta identità teologica tra la concezione cristiana ed egizia (almeno epoca ammoniana) di Dio, requisito di unicità nella storia delle religioni. Ma il concetto di unità e trinità al tempo stesso della divinità lo si trova anche nel Testo dei Sarcofagi: “Io sono “vita”, signore degli anni, vivo per sempre, signore dell’Eternità, sono colui che Atum, il maggiore, ha generato con la sua potenza quando ha generato Shu e Tefnut di Heliopolis, quando era Uno, quando divenne Tre”[6].
Grande influenza esercitò, nel campo dell’esoterismo basato sui numeri, l’Egitto nei confronti dell’ebraismo. Anzitutto sulla Càbala, termine che sta a designare quel complesso di dottrine mistiche ed esoteriche al tempo stesso circa Dio e l’Universo e basandosi su queste, presume d’indovinare il futuro per mezzo di numeri, lettere e sogni. Tra le tante dottrine mistiche ed esoteriche all’un tempo della Càbala si rammenta fra tutte il famoso Libro della creazione (Sefer yesirah) attribuito ad Abramo. Secondo questo scritto il mondo avrebbe origine dalle dieci sefirot (numeri) e dalle 22 lettere dell’alfabeto. Un altro importante aspetto che si ritiene in tal sede opportuno segnalare, anch’esso molto verosimilmente per quanto si dirà retaggio dell’Egitto, concerne l’età dei Patriarchi e degli altri importanti personaggi biblici. Le sacre scritture attestano età assolutamente improponibili ammontanti a svariate centinaia di anni. Ma non solo queste, anche gli eventi storici riferentisi a questi personaggi risultano al di fuori da qualsiasi logica fondata sulla realtà. Secondo il Vecchio Testamento Abramo ha cent’anni quando nasce Isacco, trascorre cent’anni a Canaan e muore all’età di 175 anni. Isacco muore a 180 anni e il figlio di questi Giacobbe a 147, Matusalemme addirittura muore all’età record di 969 anni. Alcuni studiosi ed anche alcuni ebrei ortodossi hanno avanzato l’ipotesi che gli israeliti del primo millennio avanti Cristo considerassero la durata dell’anno notevolmente più breve dei canonici 365 giorni. Tale ipotesi va comunque in linea di massima a priori scartata perché è la stessa Bibbia a contraddirla. Nel Salmo 90, 10 si afferma testualmente: Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti… Ciò dimostra, senza appello io credo, che le popolazioni d’Israele ben conoscevano la corretta misurazione dell’anno. Le antiche civiltà, erano in grado facilmente di osservare il ciclo dei corpi celesti, il cosìdetto orologio stellare,e pertanto rendersi conto che occorrevano i canonici trecentosessantacinque giorni per far tornare i corpi celesti nella stessa posizione dell’anno prima [7]. Molto più verosimile e calzante l’ipotesi di valori scaturenti da precisi calcoli matematici. Tutti i famosi personaggi biblici hanno delle età scaturenti dalla somma dei quadrati di numeri interi: Abramo: 175 = 2q + 3q + 4q + 5q + 11q; Isacco 180 = 6q + 12q; Giacobbe 147 = 3q + 5q + 7q + 8q e così di seguito gli altri personaggi biblici a partire da Adamo in poi. Appare evidente nel merito la fortissima influenza esercitata soprattutto dall’Egitto. E’ sin troppo noto il valore magico che questa civiltà attribuiva ai numeri ottenuti dall’elevazione di potenze al quadrato. Basti esaminare alcuni incantesimi del Testo dei Sarcofagi per rendersi conto del come la matematica esoterica egizia abbia influenzato le popolazioni d’Israele del primo millennio avanti Cristo. Gli scribi egizi nel 2000 a.C. riportavano testualmente quanto segue: Se qualcuno impara questo incantesimo (incantesimo 170 – n.d.r.) vivrà per cento e dieci anni, dei quali gli ultimi dieci saranno senza debolezze ed impurità, senza trasgressioni o menzogne, e alla fine consumerà i suoi pasti a fianco del dio generoso (Osiride) ogni giorno (Coffin Texts 228). Oral’età media degli egizi di 3-4mila anni orsono pare si aggirasse intorno ai trent’anni e pertanto arrivare al secolo di vita era evento del tutto eccezionale, come lo è d’altronde anche oggi. Fatte queste debite premesse si esamini il caso di Giuseppe figlio di Giacobbe: 110 = 2q + 3q + 4q + 9q. L’età di Giuseppe (110) corrisponde, mercé le elevazioni a potenza di 2, 3, 4 e 9, al fatidico, ideale, direi sublime, numero riportato nell’incantesimo 170. Età che ciascun egizio poteva raggiungere se portava a compimento la formula magica tassativamente contenuta in questo incantesimo [8]. Quindi mito e calcolo matematico collimano perfettamente rendendosi così credibile l’ipotesi formulata dal Feather circa la età dei personaggi biblici basata sul calcolo matematico di numeri interi elevati al quadrato. In sostanza i valori scaturenti dall’elevazione a potenza facevano infatti assumere ai personaggi ed alla storia stessa contenuta nelle Sacre Scritture, un valore soprannaturale, magico.
[1] Il Papiro di Leida (chiamato altresì Il Grande Inno ad Amun-Ra), scritto in jeratico, fu rinvenuto intorno alla metà dell’ottocento. Esso risale al 1238 a.C. (epoca ramesside) ed è attualmente conservato al Rijksmuseum di Leida.
[2] Traduzione: J.P. Allen, op. ibid, pag. 183.
[3] Imn in egiziano antico è verbo trilittero che significa “nascondere” e da questo verbo deriva l’aggettivo nisbe “imnetj” con significato di ciò che sta a ovest, i.e. occidente. E’ noto che l’ovest era per gli egizi il regno dei morti, della trascendenza (le tombe infatti erano generalmente collocate sulla riva sinistra del Nilo a ovest).
[4] Nell’epoca in cui fu forte il culto del dio tebano Amun (dal Nuovo Regno in poi) si era ormai radicata l’idea de facto di un unico dio, una specie di demiurgo platonico, che estrinsecava le sue funzioni taumaturgiche e divine per il tramite di tutta quella complessa serie di sfaccettature rappresentate dal Pantheon, sovente sotto forma di sincretismo tra le varie divinità (Amun-Ra, Ra-Harakhtj ecc.).
[5] In precedenza l’Universo era in uno stato primordiale di Chaos che gli egizi chiamarono nuun (acque primordiali) e che esisteva ab aeterno. Quindi plasmazione non creazione. Evidente l’influenza esercitata sul concetto platonico esposto nel Timeo del demiurgo , forza aggregante di quel sostrato primordiale ed informe chiamato chòra.
[6] Adriaan de Buck: The Egyptian Coffin Texts, Chicago 1935.
[7] Altri studiosi ipotizzano che l’anno biblico potrebbe essere stato volutamente allungato, da coloro che redassero le Sacre Scritture, per l’esigenza di far collimare (risalendo le varie generazioni) la fatidica data della creazione del mondo (3760 a.C.) con la venuta al mondo di Adamo ed Eva. Una verifica in proposito risulta però impossibile sul piano storico.
[8] Fonti sull’età dei personaggi biblici: R. Feather: The Copper Scroll Decoded, 1999; H. Kees: Gottinger Totenbuchstudien, Berlino 1954.